

Sono psicologa ed etno-psicoterapeuta sistemica.
Iscritta all’Ordine degli Psicologi della Liguria, nr. 3084. Per visitare la mia pagina sul sito dell’ordine, clicca qui.
Sono specializzata nel trattamento di difficoltà relazionali e familiari, emotive (ansia, rabbia, paura, tristezza, confusione, blocchi, terrore, vergogna, nostalgia..) e problematiche legate al cambiamento.
Prima di dedicarmi interamente alla libera professione ho lavorato per diversi anni nelle scuole e in comunità mamma-bambino: un luogo di accoglienza temporanea per famiglie in situazioni di fragilità e minori in tutela presso il Tribunale dei minori. Tuttora collaboro con i servizi sociali del territorio e seguo famiglie in carico ai servizi.
Ho lavorato come psicologa in consultorio all’estero per un anno, in Perù.
Mi sono specializzata in psicoterapia presso la scuola Etnopsi di Roma, unica in Italia ad orientamento etno-sistemico-narrativo, fornendo sia gli strumenti per il lavoro clinico con individui e gruppi, sia per la clinica etnopsichiatrica. Se sei curioso/a di saperne di più, clicca qui, oppure visita la pagina Facebook o Instagram della scuola.
Ecco una breve descrizione di alcuni strumenti creativi che utilizzo nel mio studio…
Il Dixsyst

Dixsyst è un “oggetto fluttuante”, come lo definiscono Philippe Caillé e Yveline Rey (2005), cioè uno strumento che determina uno spazio creativo che permette di stimolare e valorizzare la specificità e la capacità di ciascuno, in modo che diventi protagonista della relazione di cura e prenda in mano il destino della propria esistenza.
Questo strumento utilizza le carte del gioco da tavolo “Dixit” di Libellud ed è stato modellato dal Dott. Bernard Filleul, psicologo clinico e psicoterapeuta sistemico, fondatore e presidente dell’Istituto di Formazione Sistemica Montpellier Bruxelles.
L’uso di strumenti analogici, ben contestualizzati all’interno del processo terapeutico grazie alle competenze acquisite dallo psicoterapeuta, permette di lavorare con le narrazioni congelate, bloccate e di convogliare nel processo terapeutico il materiale emotivo e affettivo relativo ad esse, fondamentale per un buon lavoro terapeutico.
Il genogramma

Lo strumento del genogramma è una forma di rappresentazione dell’albero genealogico che registra informazioni sui membri di una famiglia e sulle loro relazioni nel corso di almeno tre generazioni, offrendo una rapida visione d’insieme dei complessi patterns familiari (McGlodrick, Gerson, 1985). Così emerge ciò che si tramanda tra generazioni, soprattutto implicitamente (aspettative, lealtà invisibili, rapporti di potere, visione del maschile e del femminile, etc). L’osservazione delle relazioni familiari permette di risalire alle regole del sistema e ai miti su cui si basa. Questo lavoro permette di fare spazio al cambiamento nella mente del paziente: liberandosi di regole implicite, svelando il suo vissuto a riguardo e acquisendo nuove consapevolezze.
Questa tecnica è stata utilizzata e introdotta nella terapia sistemica da Murray Bowen, una figura di primo piano della terapia familiare e relazionale americana, psichiatra e professore alla Georgetown University, Washington D.C.
Il gioco della sabbia

Il gioco della sabbia deriva dal “Gioco del Mondo” introdotto da Margaret Lowenfeld nel 1925 presso l’Institute of Child Psychology di Londra, tecnica sviluppata poi da Dora Kalff, allieva di Jung (Sandplay Therapy), nella terapia con adulti.
Questa tecnica si basa sull’idea che il gioco contenga in sé una funzione terapeutica, poiché all’interno di uno spazio libero e protetto la psiche crea ciò di cui ha bisogno per la guarigione (capacità autoregolativa della psiche di cui parla Jung). Inoltre le neuroscienze hanno mostrato che le esperienze traumatiche attivano regioni cerebrali legate alle immagini e non alle parole, quindi l’utilizzo di oggetti analogici aiuta la rielaborazione e il processo di cura dei traumi. Tramite l’uso degli oggetti, l’emozione entra a far parte del mondo del soggetto e diventa un’esperienza psichica capace di modificare l’evento e il soggetto stesso.
Questa tecnica naque dalla necessità di trattare il disagio psichico in differenti contesti culturali e in condizioni socioeconomiche estremamente
difficili (guerre, calamità naturali, degrado sociale); ha quindi anche il vantaggio di poter essere applicata in diversi contesti culturali e sociali.
Con questa tecnica viene inoltre valorizzata la funzione rituale che assume il gioco terapeutico che rimanda a forme più tradizionali di cura, facendo dialogare clinica e antropologia.